17 aprile 2024

LA VIAGGIATRICE DEL TEMPO di Ute Lemper

Che meraviglia! Un libro bellissimo e pieno di poesia, storia, musica, filosofia, pensieri, ragionamenti, spontaneità, sensualità, autocritica. Un libro che lascia veramente un segno nel lettore, pagina dopo pagina, riga dopo riga; dove ogni parola sembra scelta accuratamente, ogni momento diventa epico, da gustare con calma e dedizione.

Onestamente, odio le definizioni preconfezionate, ma se questa è una "scrittura femminile", allora credo che buona parte delle donne che ho letto finora dovrebbe farsi un giro qua dentro e prendere appunti su come si parla di sé stesse e dei propri sentimenti.

Nella splendida prefazione, Ute Lemper tiene a precisare che il libro è scritto da lei stessa, senza intermediari o "aiutini" di ghost writer più o meno improvvisati. E ha pure il coraggio di riprendere in mano la sua prima biografia, discutendola, rimettendola in asse, dandole la giusta dimensione, ma senza rinnegarla e senza pentimenti.

Vengono i lucciconi quando parla delle Torri Gemelle, o quando parla al telefono con Marlene Dietrich, o quando affronta la Shoah, o quando ha la capacità di criticare il nazismo e la Germania ma senza scendere nelle dichiarazioni furbe o tattiche, o quando riesce a rendere con pochissime pennellate il fallimento del suo primo matrimonio e la crisi asfissiante del secondo.

Il suo percorso artistico è una battaglia continua, ricca di soddisfazioni, di cadute accettate, di imprevisti che non la scalfiscono in alcun modo. Si sente apolide ma curiosa, libera ma con tanta disciplina, aperta al nuovo ma senza cedere alle lusinghe delle suggestioni più facili.

Raramente, ho incontrato un libro così genuino e prezioso, che finisce troppo presto e che lascia un sorriso da ebeti sulle labbra. Ne consiglio vivamente la lettura

16 aprile 2024

100% WALTER (CHIARI) - BIOGRAFIA DI UN GENIO IRREGOLARE

Biografia godibile e saporita, scritta a quattro mani dal figlio di Walter Chiari, Simone, e dall'esperto Michele Sancisi. 

Grazie al primo, si vivono in prima persona, quasi in diretta, le emozioni, le sensazioni, la non-quotidianità, di un uomo fuori dagli schemi ma anche dotato di uno stile affascinante, ricco di contraddizioni ma pur sempre elegante.

Grazie al secondo, invece, si conoscono a fondo le vicende pubbliche e professionali, in rigoroso ordine cronologico, di un vero e proprio mattatore che ha caratterizzato la televisione (e il teatro) di almeno tre generazioni.

È un libro denso, pieno di cose, di aneddoti, che emana nostalgia e dolcezza, dove anche gli errori più pesanti (la cocaina, tra tutti) vengono trattati con composta indulgenza.

A chi si aspetta un chiarimento sul caso Luttazzi mi vien da dire che alla fine restano ancora dei puntini di sospensione; ma è ben poca cosa rispetto a un insieme che funziona, diverte e fa riflettere.

In coda, trovate una corposa analisi di tutte le performance del Walter nazionale.

Un libro ben fatto che forse potrebbe interessare anche a chi vuole conoscere un periodo storico più in generale, pieno di persone, personaggi, idee e anche un po' di sana leggerezza.

MICHAEL CIMINO di Charles Elton (La Nave di Teseo)

Ci sono saggezza e malinconia in questa bella biografia di Charles Elton. Mai un momento agiografico (nemmeno per sbaglio), mai una polemica buttata là: è un libro che rende omaggio a un maestro complicato, presentando il conto della sua vita, senza cercare l'effetto o la compassione.
Diventa, quindi, credibile la ricostruzione di tutto il caos generato da I cancelli del cielo, un capolavoro che a suo tempo fallì miseramente e che la vulgata di sempre ha considerato responsabile del fallimento della United Artists.
Elton ne ricostruisce le vere dinamiche, restituendo al film la sua dignità e collocando la figura di quel fallimento dentro a motivi più complessi, non ultimo il fatto che l'autorato era in crisi in sé e che alcuni di quei registi emergenti avevano bisogno di un agnello da sacrificare sull'altare della Storia del Cinema.
Ovviamente, il libro non parla solo di questo momento così cruciale: racconta benissimo Il cacciatore (facendo venire voglia di rivederlo) e tutte quelle pellicole che Cimino ha saputo impreziosire o con i suoi testi o con la sua regia.
È un libro che involontariamente insegna anche a evitare certi errori senza scendere per forza a compromessi dolorosi; ridisegna alcune biografie eccellenti; aiuta a saper scrivere testi con stile ricco ma anche fluido.
Ne consiglio vivamente la lettura.

13 aprile 2024

povere POVERE CREATURE!

In Italia, sussiste una sorta di ricatto a priori, per cui non conviene esprimere considerazioni controcorrente su alcune opere, anche quando queste sono oggettivamente imbarazzanti. È il caso di Povere creature! (2023), un film che deve piacere per forza, nonostante sia tecnicamente mediocre ed esteticamente ridicolo.

La regia non ha nerbo né idee; il montaggio è approssimativo; la direzione della fotografia si affida a ottiche usate a casaccio e senza criterio narrativo; la sceneggiatura è un pastiche di situazioni scollegate (spero che il romanzo sia migliore, sebbene ampiamente debitore di Heinlein e Greenaway); le recitazioni, ai limiti della querela per sciatteria; la musica, una presa per i fondelli.

Si salva giusto Emma Stone, che recita con mestiere, ma senza pensare che il lavorare per sottrazione sarebbe stata la formula migliore, almeno in questo contesto.

Si dice che sia un film contro i pregiudizi, un’elegia della libertà di scelta, il simbolo del riscatto delle donne. Davvero? Trenta minuti di sesso e novanta minuti di noia, per erigere uno sbiadito anacronistico monumentino all’emancipazione femminile?

10 aprile 2024

MARCKALADA di Paolo Chiesa (Laterza)

Un secolo e mezzo prima del viaggio di Cristoforo Colombo, in Italia si conosceva già l’esistenza dell’America. La prova sta in un antico manoscritto perduto, ritrovato e ora conservato in un luogo sconosciuto. Una scoperta straordinaria che ci rivela un medioevo insolito e misterioso
Un libro decisamente documentato, ben oltre la minuziosità più certosina che possiate immaginare, che purtroppo soffre per la scrittura sapiente e cattedratica dell'ottimo Paolo Chiesa. 
Però è un mio limite: forse perché è un periodo in cui soffro i testi dottrinali, forse perché l'intera vicenda poteva essere trattato in maniera più fluida, senza perdere di autorevolezza.
Sicuramente, è un tassello essenziale da accostare alla lettura della Saga di Eirik il Rosso, il classicone che racconta le gesta dei vichinghi che "scoprirono" l'America intorno all'Anno Mille.

NE UCCIDE PIÙ LA GOLA CHE LA SCIARPA di Renato Pozzetto (Rizzoli)

Questa classica autobiografia si legge tutta d'una fiato. Nella sua apparente evanescenza, però, nasconde una verità più profonda: l'apparente leggerezza di quegli anni veniva da una lunga gavetta che preparava proprio alla leggerezza, che insegnava i giusti tempi e le giuste pause, che indicava quali confini superare ma anche come tornare poi dentro i margini del buongusto.
Ci ostiniamo ad avere una pessima opinione dei primi anni Ottanta, mentre invece furono proprio protagonisti come Cochi e Renato che riuscirono a mantenerli ancora densi e pieni di opportunità.
Non è un libro di insegnamenti né tantomeno l'elenco di formule vincenti per riuscire ad arrivare da qualche parte; però è un racconto che lascia qualcosa dentro. 

06 aprile 2024

C'È ANCORA DOMANI?

C’è ancora domani è un film naif. In un contesto “normale” avrebbe ottenuto un successo standard e una moderata attenzione da parte dei media: in questo momento complicato per l’Italia, invece, è diventato il simbolo di una riscossa autoriale e sociale che, spiace dirlo, è esagerato.

Il punto debole più evidente è la sceneggiatura: una sequenza di quadri narrativi collegati senza criterio, con rari momenti surreali, altri didascalici, altri montati in maniera illogica.

Quelli surreali potevano funzionare e diventare una chiave narrativa, ma perdono di forza sia per la modestia attoriale sia per un’evidente disomogeneità con la sintassi filmica nel suo insieme. Peccato, perché la “danza della violenza” è un’idea meravigliosa.

I momenti didascalici (sicuramente necessari) cercano di aggrapparsi al neorealismo italiano migliore, ma sono fiacchi perché mal recitati (la costante di questo film: attori poco convinti).

L’idea di alternare i formati della pellicola, poi, avrebbe un suo senso se collegabile a dei leit-motiv; ma se alcuni momenti in 4/3 puntano all’oblio dei bei ricordi che furono, quello con lo schiaffone li contraddice. Schiaffone che peraltro apre il film, e che posto così non significa nulla.

Tra i momenti non-surreali, quello che proprio fa esclamare “embè!” è l’esplosione del bar (andateci nella vita reale, perché fanno gelati strepitosi!): improbabile, insensata, proposta con una sintassi ordinaria anziché surreale. Considerato la trama, andava sceneggiata in ben altra maniera. Così com’è, invece, sembra un rimedio frettoloso.

La fotografia in b/n, poi, segue almeno tre linguaggi: a volte è evocativa, a volte è narrativa, a volte è onirica; ma senza ratio. Anche qui, colpa della sceneggiatura.

Sceneggiatura che si dimostra debole anche nel montaggio, visto che ogni transizione viene rappresentata meccanicamente, senza sorprendere, senza accompagnare, senza incrociare i quadri (se non con dei totali ingenui).

L’unica idea vincente è il parallelo finale: tutti pensiamo a una fuga programmata con Marchioni, mentre invece Cortellesi vuole andare “solo” a votare.

La musica, invece, è convincente: Marchitelli propone autori e canzoni modernissimi, apparentemente stridenti con il contesto storico; ma, proprio per questo, funzionano benissimo.

Insopportabile, invece, l’epiogo, quando la canzone di Silvestri entra nella trama, sminuendo la necessaria e sacrosanta retorica del momento: è uno stratagemma alla Moretti che non ho mai amato.

A mio avviso, a questo film è mancato un produttore, uno che sapesse dire i giusti “no”, valorizzando con forza, invece, le parti nobili di un prodotto che alla fine appare confuso e poco al di sopra della sufficienza. Purtroppo, in Italia quella del produttore capace è un figura che manca da molto tempo, così come mancano autori e registi veramente bravi e coraggiosi.

Per essere un’opera prima, brava la Cortellesi, perlomeno per il tentativo. Ma non parliamo di miracolo né di capolavoro, per favore. Oltretutto, l’accusa di aver semplificato un tema forte e radicato quale la violenza maschile (non solo fisica) diventa più consistente proprio perché il linguaggio filmico nel suo complesso non funziona: è ingenuo, didascalico e friabile.

A latere, con quasi 5 milioni e mezzo di biglietti staccati, viene da chiedersi: ma dov’è ‘sta gente? Chi vota? Voglio dire che con questa desertificazione dell’etica, della morale, meraviglia una fame civica così apparentemente diffusa.

Post scriptum La premier non ha partecipato alla proiezione in Senato: eppure, i diritti di cui parla il film sono anche i suoi e dei componenti il suo partito, e sono frutto del sangue versato dalle donne e dagli uomini di PCI, DC, PRI, PLI, PSI… antifascisti, ricordiamolo

30 marzo 2024

MAURIZIO POLLINI

Tra le composizioni per strumento e orchestra, il “Concerto Imperatore” di Beethoven è quella che amo di più, sia nel suo insieme, sia perché il secondo movimento supera di gran lunga la perfezione, sminuzzando il cuore e l’anima dell’ascoltatore fino all’impossibile.

Poco meno di vent’anni fa, vidi il Maestro Maurizio Pollini eseguirne una prova generale davanti a giovanissimi studenti delle medie e dei licei romani.

Al contrario di quanto si possa immaginare, non volò una mosca dall’inizio alla fine dell’esecuzione, neanche durante le brevissime pause tra i movimenti.

Poi, dopo l’ultimissima nota, i ragazzi saltarono in piedi all’unisono, applaudendo con slancio, ben oltre l’obbligo imposto dai professori: era stata un’esecuzione strabiliante, eccitante, commovente, emozionante.

Quando quell’entusiasmo scemò in un serrar-le-fila-per-tornare-a-casa, una voce innocente esclamò: «A’ Pollini, emmmmenomale che era una prova!»; il Maestro si girò e sorrise timidamente

28 marzo 2024

SPACEMAN, che noia

  • Prendete Solaris (1972; quello di Tarkovsky, insomma), spostate le nubi purpuree del pianetone alieno in quel della nostra galassia (esistenzialiste come quelle di Shiel, 1901), buttateci dentro un enorme ragno elaborato da un CGI rimandato a settembre, e avrete Spaceman (2024), un film così noioso ma così noioso, che a Giobbe esploderebbe la proverbiale pazienza.
    Vi chiederete perché lo stia recensendo.
    Innanzitutto, per invitarvi ad evitarlo, ma soprattutto perché trovo incredibile che la protagonista femminile sia Carey Mulligan! Un’attrice così brava, così intensa, così multiforme, che si è sprecata dietro una produzione sonniferica come questa!
    Lo ha fatto per soldi? Dài…